Da qualche giorno sono
tutti “Charlie”.
Spinti dall’ondata
emotiva generata dall’attentato
alla Redazione di Chairlie Hebdo, milioni di
italiani si sono ribattezzati.
Ma quanti in effetti lo sono realmente ?
Quanti sono così “Charlie” da meritarsi tale appellativo ?
Non lo sono certo i politici che, seppure sfacciatamente in contrasto
con le
proprie reali idee, si sono schierati contro ogni bavaglio
( salvo poi
mantenerlo nelle loro leggi ).
Non certo tanti giudici,
che in barba al diritto costituzionale
( e non dico roba da poco ) della
libertà di espressione e di satira,
condannano autori scomodi a pesanti pene.
Meno che mai i preti. Il
cui stato non aderisce neanche alla convenzione ONU
per i diritti umani ed il
cui capo ha già specificato
che si, vabè il diritto d’espressione, ma la
religione non si tocca.
E lo stesso dicasi di tante altre categorie, per le quali la religione
rappresenta il vero ed unico significato: il controllo del popolo.
E questo controllo sembra in buona parte funzionare,
se quando escono delle
vignette sulle assurde contraddizioni
che la religione dispensa in abbondanza,
non si raggiunge il gran numero di “mi piace”
che invece “Charlie” riscuote.
Evidentemente non siamo proprio tutti Charlie.
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